Formazione anomala di alghe presso le foci dei nostri fiumi? scopriamo la causa nell' intervista a Marina Capriotti biologa marina e ricercatrice

 

FORMAZIONI DI ALGHE PRESSO LE FOCI DEI FIUMI  PERCHE' ACCADE QUESTO FENOMENO? CHIEDIAMOLO A MARTINA CAPRIOTTI  BIOLOGA MARINA E RICERCATRICE DEL NATIONAL GEOGRAPHIC.        

Martina Capriotti è una biologa marina, ricercatrice ed esploratrice di National Geographic. Si è occupata di inquinamento marino. Attualmente è ricercatrice postdoc presso l'Università del Connecticut dove studia organismi marini filtratori e come le microplastiche possono interferire con la loro capacità filtratoria.

Ho rivolto a Martina un quesito sulla formazione di alghe presso le foci dei fiumi, dopo aver fotografato la foce del fiume Tesino presso Grottammare in provincia di Ascoli Piceno (foto sotto) tappezzata da una anomala formazione di alghe. Così Martina ci spiega il fenomeno dell' eutrofizzazione all'origine di questo fenomeno:


L’eutrofizzazione è una delle tante forme con cui l’uomo impatta il pianeta e considerata una delle maggiori minacce per gli ecosistemi costieri. Per eutrofizzazione si intende l’aumento del carico di nutrienti e materia organica derivante da attività umane. Quando parliamo di nutrienti, intendiamo principalmente nitrati e fosfati, cioè composti dell’azoto e del fosforo. L’azoto e il fosforo non sono di per sé un rischio per l’ambiente, ma possono stimolare la proliferazione di organismi vegetali come le microalghe acquatiche (cioè alghe unicellulari che compongono il plankton) che sono considerate “produttori primari”, quindi alla base della rete alimentare. Ma da dove vengono tutti questi nitrati e fosfati? Bè la maggior parte deriva dalle attività agricole (es. utilizzo di fertilizzanti) o di allevamento intensivo. Ma anche gli scarichi urbani in realtà danno il loro contributo: pensiamo alla quantità di detersivi che usiamo ogni giorno! La sovrabbondanza di microorganismi vegetali che si viene a creare in queste aree, crea una sorta di tappeto verde nella porzione superficiale dell’acqua, che riduce sempre più l’entrata di raggi solari nell’acqua. Molte alghe e piante acquatiche che vivono in quelle aree, hanno bisogno di luce per vivere, quindi sono destinate a morire. La grande quantità di organismi morti, comporta un incremento della decomposizione, con conseguente consumo spropositato di ossigeno da parte di microorganismi decompositori, e produzione di anidride carbonica. Infatti, spesso l’eutrofizzazione è associata ad aree ipossiche cioè aree con livelli di ossigeno molto molto bassi. Gli organismi acquatici hanno però bisogno di ossigeno per vivere, per cui in queste aree, chi non riesce a scappare, purtroppo è destinato perire. Quanto appena descritto è una versione semplificata dell’eutrofizzazione. In realtà questo è un fenomeno più complesso dove altri fattori (come anche il riscaldamento delle acque) entrano in gioco. (Biagini & Lazzaroni, 2018; NOAA: https://oceanservice.noaa.gov/facts/eutrophication.html)

ringrazio Martina per questo prezioso contributo e invito i lettori ad approfondire la sua importante ricerca ed opera a favore dei mari al seguente link: https://www.nationalgeographic.it/scienza/2020/02/martina-capriotti